FIGURE PUBLIC PROGRAM Uno, nessuno, centomila. Uno stimolo particolare per il cervello: i volti
23.01.2025
di Emanuela Terazzi
La capacità di riconoscere i volti (face processing) assume una fondamentale importanza nelle interazioni sociali, attività che richiedono di identificare le persone in modo rapido e corretto. Sebbene l’immagine complessiva del volto di una persona possa modificarsi notevolmente da un momento all’altro (seguendo il mutare delle sue espressioni emotive, di un look diverso o per il modificarsi dell’ età), di solito, pur con qualche iniziale difficoltà, riusciamo a individuare il volto di una persona nota anche in condizioni difficili o ambigue. Studi di neuroimmagine funzionale hanno dimostrato l’esistenza di aree specifiche per la percezione visiva di facce. L’osservazione di volti umani attiva un’area specifica del giro fusiforme, sita nel lobo temporale, che è stata chiamata Area Fusiforme per le Facce (FFA). La sua lesione causa una malattia detta prosopoagnosia, che impedisce il selettivamente il riconoscimento dei volti, ma che preserva il riconoscimento di altri oggetti.
Il riconoscimento dei volti si basa su circuiti cerebrali differenti da quelli che permettono il riconoscimento delle espressioni facciali (che non possono essere usate per l’identificazione diretta di una persona poiché suscettibili di modificazione sul volto del singolo individuo). Da sempre il volto è “lo specchio dell’anima” e viene considerato come il luogo su cui si disegnano i caratteri e le emozioni dell’uomo. La nostra faccia, più di ogni altra parte del corpo, rivela emozioni, opinioni e stati d’animo. Mentre possiamo imparare a manipolare alcune espressioni (ad es. il sorriso), altre espressioni facciali sono inconsapevoli e riflettono i nostri veri sentimenti.
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